Slečena ženka
sonca
že okopava
spomladanski sneg.
<* * *>
Mlaj bo, mesca je
samo še trepalnica
bela
na nebu.
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Mlada banana
lune,
le nerada se sleče
ugrizu.
<* * *>
Kratka je bila
noč,
dan jo je
malo podaljšal
Mladinska knjiga, Ljubljana 1985
<* * *>
Giovani campi che inebriano
con l’amaro profumo ancestrale
di fertilità, e sempre in fuga;
giocattoli, maturi di una precoce
sera e abbandonati
alla spaventosa grazia;
certo l’uccello grida lontano
nell’aria lieve e così per un attimo
il silenzio è ancora più scuro
ben presto ogni amante
impara tutto questo,
e non basta.
<* * *>
Un macigno, grande come un toro,
giace solo in riva al fiume.
Non si accosta alle betulle
nella calura,
di notte non va a casa
dalla moglie,
non corteggiava nessuna,
a nessuna prometteva
fiori né bambini. Solo allora
si muove appena,
quando a voce bassa lo chiama
il Padreterno da Ljubljana
con la musica dagli alti lucernari
della chiesa,
e così il macigno è per un istante
come un toro in ginocchio
<* * *>
L’aurora ha cosparso
di rame
maturo
la fronte della sera.
In reste
si seccano
le cipolle,
una rondine
solitaria
vola in alto.
Mentre allatta
una donna discinta
si affaccia alla finestra
con il bambino – scura
d’improvviso colore
ed estatica,
com’è aspro stasera
l’amore, e senza onda
il mare, e l’ora
senza vento.
<* * *>
Vicinissima
alla mezzanotte
si stacca
fuggendo -
lì l’abbraccia
l’obeso contadino
del sonno -
lì il benigno
sacerdote della voluttà
le lecca un sopracciglio –
lì il soave
fauno della pace
le apre
la profonda casa
affinché afferri
la mano salvatrice
con un lungo
morso.
<* * *>
Campo arato
dello specchio,
che ti sei
spogliata
davanti al bambino
dell’occhio,
hai gettato
il fuoco,
posato
il pane
sulla tavola del cielo,
pettinata di fresco.
<* * *>
Ci sono profonde radure
di stelle
e c’è il devoto cane
della luna che
per guarirle
lecca loro
il dolce siero
delle ferite, finché
non chiudono gli occhi
bianche nel bianco
e si fa giorno.
<* * *>
Chiara, bianca ora
del mattino
spalancata
una soave colomba
s’invola nel cielo
dal giardino,
ma nel tetro sottotetto
la polvere
cade un’invisibile cascata
e rudemente
discorrono
uno scarpone e un elmetto.
<* * *>
Come si sveste l’occhio
e quando?
Origliando affonda
in lontananza senza odore e memoria.
Così si spoglia
ed ora.
<* * *>
Filo di lontananza!
Una crosta di pane e una bomba
silenziosa e un giovane
muscoloso che a casa
bacia
la sua mamma!
<* * *>
(Che pena giacere
malato grave, pal-lido di Venezia
e di Caorle, e com’è dolce
poltrire a letto e leggere fino
a mezzogiorno
e a settentrione.)
<* * *>
La luna, una sola e unica
attraversa il cielo.
Dal lago vibra il violino.
Il fondo dell’acqua dorme -
un camion affondato.
<* * *>
Se sei gelido vento,
filando dai letti delle valli
sul mare – tua figlia
invece ti attende a casa
una scintilla
nell’ardente cenere.
<* * *>
Un bimbo piangeva
per amore, adesso ha
gli uccellini
sulle ciglia, adesso
spiccano il volo
dietro al treno della sera.
<* * *>
Dopo la pioggia
è ancora più fragrante
il rosmarino in fiore;
ancora di più luccicano
le áncore delle donne suicide
fondo di cielo.
<* * *>
Era l’odorosa notte
della luna crescente,
sedevo nel giardino, brindavo
all’amore, bevevo…
Ed è
nuovamente.
<* * *>
Un cupo boato negli abissi
celesti - si stanno forse
chiamando i beoni
con il trasparente pretesto
di vivere
in preda al panico?
<* * *>
Apro la finestra, e infatti,
qualcuno
canta
spirituale -
precoce
mezzanotte meridionale.
<* * *>
Quando giri per il bianco
inferno del cielo
già vicino al mare, ormai lontano,
e vorresti
sorridere
per sfida?
<* * *>
Il lupo della neve sussulta
a un indizio di vento.
Il vento del lupo
si perde
nella neve
dell’indizio.
<* * *>
Si è mossa passando davanti
alla finestra, come se dovesse
a momenti iniziare
la trasfigurazione,
e così
è rimasta immobile.
<* * *>
Guardate l’innamorata,
se ne sta, con la bandiera
del cuore issata,
diciamo, alla finestra -
alba dolcisssima
della sera.
<* * *>
Come in una nuova presenza
la donna sprofonda
la testa
nel cuscino;
e non si addormenta, così silenziosa
è la notte.
<* * *>
Le tue braccia
si sono assopite placide.
Al di là del lago maturano
le mele,
luci spente
del teatro.
<* * *>
Quando
il chiaro di luna
inonda la città dormiente
della tua bocca -
e tu rispondi
quasi con un bacio.
<* * *>
M’immagino una barca in cui
remo nudo.
Il crepuscolo ha coperto
il lago sconosciuto,
tacito l’onore colma di baci
la mia schiena.
<* * *>
Con la mano nella mano
e tempestata di baci,
una silenziosa stretta leggera,
ma fuori, dietro la finestra,
già l’ombrosa sera -
può darsi, può darsi.
<* * *>
Or ora ha
tossito la città,
adesso dorme,
ma c’è ancora corrente d’aria
che agita
la tendina.
<* * *>
Davanti al municipio, rammento,
si ferma la carrozza, e chi
aspetta la pioggia,
ora
succhierà
la prima goccia.
<* * *>
Come scrivono
i sapienti poeti:
con lettere aghiformi
scalfiscono
il cielo
fino a farlo sanguinare.
<* * *>
L’unghia è cieca, ma
veggente, la saliva è cieca, ma
viva, solo la conchiglia
dell’orecchio
è cieca
e solamente cieca.
<* * *>
Tu che nel tuo intimo, come
volendo, eppure a causa
proprio non l’hai ancora mai
e così
continui a essere
quello.
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La donna scosta
la pesante sedia dalla tavola,
si alza alta,
silenziosa, spaventosa come l’impero d’oriente,
ed è
sera.
<* * *>
Il vento sbuffa,
chissà dove, non molto vicino
abbaia rauco un cane.
L’immagine
non si muove,
nemmeno oscilla.
<* * *>
È uno strano pomeriggio e
una giovane donna si
siede su una barca rovesciata,
il suo volto
riposa
in lontananza.
<* * *>
Il lupo
morde
l’acqua della fonte, la mano del vento
lo accarezza
ancora a lungo.
<* * *>
Ormai sveglia
giace ancora: la pelle
umida dal sonno. E sorride
seria. Infatti, davanti a lei
c’è la dolce notte
del giorno.
<* * *>
Per l’intera mattinata ho provato
la corona -
quest’aureo fabbro! non se ne intende!
solo di baci
colmava
la mia fronte.
<* * *>
La vivace cavalla dello specchio - che
il pane dello specchio
induce
a galoppare
nell’impietoso specchio
dello specchio.
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Placida sera di un meriggio
salmastro: s’invola
al vecchio
oltre il sorriso
il colombo di un’ombra
onirica.
<* * *>
Tra molto tempo,
quando dei bovini
sdraiati delle alpi
non ci saranno che
le bianche costole
puntate verso l’alto.
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Un bel mattino tra molti anni
un giovane gallo
girerà
per il cortile
e, certamente l’avete visto, si
fermerà circospetto.
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Nell’acqua nuota
un’anitra di legno.
L’estate langue.
In che modo una nipotina
diventa nonna?
Attendi un pochino.
<* * *>
Una piccola poesia
attraversa un campo,
lasciando dietro di sé
una tenue pista nell’erba.
La seguirà qualcuno, con quale
speranza così lontano?
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La neve è un paese silente
e solitario; orme, passerella -
in tutta quella quiete
si muove solo l’acqua
e chi si è soffermato
qua.
<* * *>
Pensa un po’ -
nella neve una colomba,
e bianca, che neanche la vedi,
pensa un po’ -
quante bianche
colombe nella neve.
<* * *>
L’aria si muove
e si calma, pomeriggio
non ferito, in cui
da tempo ormai
è affondato
l’anello gettato.
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Scuro ormai il sole
scivola
dietro l’alta isola
oltre lo stretto marino;
così il bacio
è prima della bocca.
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Ci sono dei mattini che
succede di tutto.
Il ferro colpisce
l’acqua
e l’eco si espande a tutta forza
fino al cielo.
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O bianca cenere dell’aurora
sopra i campi!
O bianca cenere
dell’aurora sopra i campi!
O bianca
cenere dell’aurora sopra i campi!
<* * *>
Un tenue pulviscolo si adagia
sulle cose; già dormono;
le loro ombre affinate
risaltano, e le campane!
Questo è stato
molto tempo fa.
<* * *>
Mi conosci? La strada
tace.
Dove sono i giovani
e come una volta?
C’era
la pioggia.
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La gallina crocchia
prima di dormire, il vento
irrompe impetuoso
e già il tempo si placa.
Fragranti chiodi
della sera.
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Il gigante della pioggia
bisbiglierebbe
nel sonno
e le giovani donne
della scogliera
davanti
al golfo
sorriderebbero.
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Nel beccuccio d’oro
una chiavicina d’oro
porta
l’uccellino del cielo
ai suoi bambini
perché giochino
e no
e sì.
<* * *>
Vorrebbe qualcosa di rovente!
Come talvolta
i quieti campi che
il sole
proprio da vicino,
quando si, senza riuscirci -
e allora
con tanto ardore!
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Maldestro
si lasciò sfuggire dalle mani
l’anguria
dell’oceano,
sicché si sollevò
nel vento
come un campo di grano maturo
ancestrale.
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Dall’aria di una libertà sconosciuta
una giovane volpe
sbigottita
al padre del bosco
annuncia stordita una veloce
ritirata
e l’annodata acqua
del torrente.
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L’uccello della cerbiatta
nel crepuscolo mattutino
vola
silenzioso
attraverso le felci
dalla lunga fuga
davanti ai denti
del persecutore.
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Più in alto, già sopra il vetro
del cielo vespertino
scivola
impaziente un rapace.
Oscura e scrosciante
voce
dell’orecchio,
il nord è fatto così.
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A sua insaputa
nuda - la giovane luna
fa capolino da una nuvola.
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Nel cielo il foglietto
di un gabbiano d’argento -
chi lo sta strappando?
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Un bambinello guarda
attraverso la finestra: neve
per terra
e fiocchi di neve dal cielo.
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Sulla strada
la morta figlioletta
di un lombrico, campane di sabbia
nella pioggia.
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Lo sterco di vacca fuma
ancora giovane
nel fresco mattutino
il volto di un sapiente.
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Di notte il temporale
ha lavato il mare, lo sta ora
scopando
il vento?
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Il mattino lattescente
si riversa
sul latte spanto
del mattino.
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Il gatto si sprofonda
nella giovane neve e nel crepuscolo,
chiudi dolcemente gli occhi
dietro di lui.
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La stalla del pomeriggio
sa di primavera,
attraverso cui naviga
una barca di oche.
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La mogliettina svestita
del sole
già spala
la neve primaverile.
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Ci sarà il novilunio, della luna
non resta che un ciglio
bianco
nel cielo.
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La giovane banana
della luna
solo contro voglia si spoglia
al morso.
<* * *>
È stata breve
la notte,
il giorno l’ha
allungata un pochino.